Ormai siamo agli sgoccioli. Anche il 2022 è destinato a salutarci, tra poche ore. Un anno altalenante, devastante sotto molti aspetti e sorprendenti per altri.
Un anno che ha riportato lo spettro della guerra nel mondo, un anno nel quale le conseguenze dei cambiamenti climatici si sono palesate in tutta la loro forza, spingendoci forzatamente (se conta) a riflettere su come stiamo trattando il pianeta che abitiamo e dovremmo trattare con la massima umiltà.
Un anno nel quale l’arte, almeno a mio avviso, ha rappresentato parentesi d’evasione importantissima e necessaria per tante persone anelanti l’evasione dalle preoccupazioni crescenti, da una situazione economica sempre più difficile e tante altre ombre generali.
L’arte come punto di riflessione ed evoluzione, forse giunta a un piccolo stop o quantomeno ad un rallentamento.
L’arte che permette di percorrere ed esplorare altri mondo nella mente e nell’anima; l’arte che consente di raccontarci storie, prologhi ed epiloghi.
Tra tutte le arti, specialmente quelle visive, forse rimane il cinema ad essere alla portata di ognuno di noi. Il cinema ed i suoi generi, che non hanno mai smesso di narrare storie adatte ad ogni gusto, ad ogni età. Un cinema che si è sempre diviso tra effetti speciali plateali e discreti silenzi, fatti di primi piani e lunghe panoramiche. Un cinema che, nel 2022, forse ha dato prova di quanto ancora sia potente e presente il proprio significato e l’importanza per il fruitore, ma anche per l’addetto ai lavori che lo crea (a questo proposito, The Fabelmans ne è l’esempio più accorato e significativo, a parer mio).
E anche il cinema apre le porte a un 2023, che non sarà esente da difficoltà ulteriori per la sala, questo è certo… ma è l’arte camaleontica che ha già ampiamente dimostrato di potersi adattare. Il cinema che lascia preoccupazioni, bollette e incertezze fuori dalla porta e dalla testa, accompagnandoci fino a Pandora o negli infiniti multiversi, popolati da quei supereroi che applaudivamo da piccoli, impressi nelle pagine dei nostri fumetti del cuore.
Il cinema, fatto di domande, promesse e progetti futuri, dei quali oggi è interessante parlare con Luca Elmi, presidente dell’Associazione Porretta Cinema e figura di spicco del Festival del Cinema di Porretta Terme, del quale si è da poco conclusa la 21° edizione.
Anche questa edizione dell’FCP è giunta al termine. Potrei chiederti banalmente un bilancio generale, ma voglio invece rivolgermi a voi organizzatori. Dopo tutti questi anni e tanti Festival organizzati, cosa ancora vi regala questa kermesse e come vi ha aiutati a crescere negli anni, se è ciò che ha fatto?
L’ha fatto, sì. Dopo tutti questi anni e tante edizioni, il Festival del Cinema di Porretta continua a portare emozioni nuove. Il fatto che i nomi coinvolti siano sempre di maggior rilievo, che il pubblico provenga non solo dall’Appennino, ma da diverse parti d’Italia e che se ne parli sempre di più, rappresenta il riscontro più bello per me e gli organizzatori, spingendoci a fare sempre meglio per il futuro.
Credo fermamente che l’FCP sia un ottimo esempio di come proporre il cinema in un territorio altrimenti non facilmente raggiungibile dai cinefili e dagli stessi addetti ai lavori. Per quale motivo, anche in altri comuni, secondo te, non esiste un festival simile. Ti piacerebbe se qualche altra realtà dell’Appennino lo proponesse o si rischierebbe di entrare in competizione e spargere un po’ troppo il pubblico potenziale?
Questa è una domanda molto interessante, sulla quale è importante fare importanti riflessioni. Credo fermamente che sia necessario coltivare entusiasmo e soddisfazione per possibili nuovi eventi o kermesse del territorio che riguardino il cinema e le sue numerose sfaccettature. Questo, non soltanto per estendere ancora di più la passione per la Settima Arte nel nostro territorio, ma anche per abbracciare quello spirito di comunità di cui l’Appennino ha fortemente bisogno. Assolutamente, non si deve temere una sorta di concorrenza malata, che non farebbe il bene di nessuno, ma contribuire a far nascere e crescere a macchia d’olio altri festival, di qualsiasi forma d’arte si parli. Ed è quello che spero di vedere in futuro.
Cinema e streaming. Il binomio che sembra andare più di moda, in questo periodo e quello che molti ritengono il più contrastante. A parer tuo, sono strade che possono aiutarsi vicendevolmente o il grande schermo è davvero destinato a sparire per una fruizione cinematografica più comoda ma sacrificata tra le pareti di casa?
Credo che il cinema sia della sala. Su questo, non ho mai avuto dubbio. Il grande schermo e le emozioni che regala sono uniche, non penso si possa contraddire questa affermazione. Detto questo, è innegabile che il covid abbia frenato le persone dall’andare in sala e le abbia maggiormente avvicinate allo streaming. Ma le due cose possono coesistere e vanno equilibrate. Non penso che lo streaming ucciderà mai la voglia di andare in sala, tant’è che alcune serate del festival hanno visto il cinema Kursaal al completo. E’ necessario sicuramente educare lo spettatore tra l’evento condiviso della sala e quello privato dello streaming, che può offrire anche la visione di pellicole che non hanno avuto una distribuzione degna di questo nome.
Personalmente, come vedi cambiato il pubblico, dalla tua esperienza nell’ambito e come sei cambiato tu come spettatore?
E’ inevitabile cambiare nel tempo, come spettatore. Io stesso, me ne sono reso conto abbastanza in fretta, per quanto non neghi la comodità dello strumento streaming. Il cinema è fatto anche di transizioni e, in questo senso, il nostro Festival non può non tenerne conto, fermo restando il fatto che le emozioni, come ho detto in precedenza, provate in sala sono ampliate proprio dalla condivisione che si crea. Tra tutte le realtà che esistono e promuovono il cinema, anche noi facciamo la nostra parte, in questo senso.
Film indipendenti: trovi che realtà come la vostra possano essere un buon trampolino di lancio per tutti coloro che vorrebbero far conoscere le proprie opere?
Assolutamente sì. Il cinema indipendente è per noi un punto di forza, su cui crediamo molto e cercheremo di aiutare sempre più i giovani autori emergenti, in questo senso, facendo conoscere queste pellicole al pubblico e rendendole parte integrante della storia del cinema italiano, ma non solo. Siamo fieri delle collaborazioni ottenute e il futuro ci porta avanti su questa promettente strada.
In tre aggettivi: descrivi il cinema per te
Emozionante. Per emozioni mi riferisco non soltanto a quelle che ti fa provare il film, ma le stesse che ti comunicano le persone sedute al tuo fianco, quelle che ti circondano. Gioioso, certamente, per quel piacevole trambusto interiore che ti regala la visione di qualsiasi film. Vivo. Il cinema è ancora vivo. In continuo cambiamento, sicuramente…ma sempre vivo.
E’ sempre più difficile per l’FCP esistere o c’è un valido riconoscimento per il vostro lavoro e degli aiuti per mantenere la qualità del festival ai livelli raggiunti?
E’ una fatica, questo non si può certo negare. Una fatica che diventa sempre maggiore, ma regala risultati incredibili. Riconoscimenti dalle istituzioni, dalla Regione Emilia Romagna, dalla Film Commission, il comune di Alto Reno e la popolazione, fanno sentire enormemente l’affetto che ci rende propositivi e positivi per il futuro, progettando nuove attività e proponendo nuovi obiettivi da raggiungere, per far conoscere non soltanto la nostra realtà, ma il cinema nel suo insieme e nel suo molteplice fascino. Un cinema del futuro nel quale io e tanti altri crediamo molto e siamo convinti che non deluderà le aspettative di ciascuno di noi.