VALSAMOGGIA: “Il Cucco”

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Quante volte l’ho fatta da Cinno.

Da quanto tempo non la facevo, a ricordi erano decenni, Strava invece mi dice che erano solo 3 anni abbondanti.

Strava non può sbagliare, probabilmente i miei ricordi su questa salita si fermano tutti alla mia giovinezza, e anche questa scalata è probabile che la dimenticherò l.

Via Leopardi a Riale di Zola Predosa, è detta “Il Cucco” per i Rialesi.

Una rampa, dritta, che finisce con una piccola esse, si inerpica tutta al 14% a destra di via Gesso, poco prima del centro di Riale, verso i colli di Tizzano, verso la poca collina Casalecchiese.

Una salita che quasi ogni bambino Rialese negli anni 70/80/90 ha sfidato con la sua bicicletta, qualunque fosse, dalla Graziella alle Olandesi, dalle Bici da corsa in acciaio alle prime in carbonio, come alle prime Mtb, o al sogno di ogni ragazzino, le Bmx.

Io la feci la prima volta con una Atala simile Bmx, la seconda volta con una Bmx vera, stupenda, perché a quei tempi, inizio anni 90, Bmx era sinonimo di libertà, fino alla prima Mtb di mio padre, una Battaglin in acciaio che pesava quanto un macigno, ma con cui riuscii a farla quasi tutta in sella, anche dopo la fine del drittone,  dove cominciava lo sterrato, dove chi riusciva a passare da lì assaporava le prime severe sbucciature.

Via Leopardi è stata sempre via Leopardi ma per noi di Riale non esisteva, quella salita era il Cucco, e non era la salita, era la discesa che finiva secca su via Gessi.

Arrivare fin al limite dell’asfalto e buttarsi giù, era questo il Cucco per ogni bambino e ragazzino di Riale, buttandosi giù fin su Via Gessi, frenando prima di arrivare sulla via che a quei tempi, poco trafficata, era ancora a doppio senso.

Una sfida di libertà vinta da tutti quelli che l’hanno affrontata.

Poi si cresce e si sale un pochino di più, come salgo in questo primo sabato mattino di novembre 2022 che fa vedere le Alpi ma che è ancora troppo caldo.

Cresciuti, i confini del Cucco si allargavano.

Il Cucco non era più il limite tra asfalto e sterrato, ma era la fine della salita e il sentierino che portava ai campi di Tizzano.

E non si saliva in bici, non si saliva alla luce del sole, si saliva al buio, alla fine della serata che con l’andar degli anni portava sempre più verso l’alba del giorno dopo.

E si saliva su uno “scuterino”, su cui in due non ci poteva salire, ma su cui si saliva, e che, poveretto, sputava l’anima per arrivare in cima.

La Camporella di Riale, il Cucco, da qui si dominava Bologna, la si domina ancora, molte più luci verso la bassa ora, meno un tempo, il romanticismo estremo che esaltava gli ormoni adolescenziali già ai massimi. Un palo era sempre dietro l’angolo ma se arrivavi al Cucco era impossibile non bollare.

Il sentierino c’è ancora, ma diffido sia  mantenuto da giovani ormoni pazzi, sono quasi sicuramente cinghiali dalle disparate razze. I tempi sono cambiati, i giovani se ne stanno in casa con il piacere strano e pericoloso dei genitori.

Arrivano in casa con la preda sottobraccio, la dichiarano e si chiudono in camera.

“Mamma non chiudo a chiave ma non venire a rompere, mi raccomando.”

“Tranquillo, ho capito, hai il preservativo?”

“Certo mamma, cioè in che senso, non l’ho ancora messo ma ho appena comprato due scatole.”

“Bene, anche che non l’hai ancora messo… Tranquillo non entro. Metti il preservativo ed entra tu.”

“Grazie mamma, a propositivo ho comprato due scatole, una M e una L, secondo te quale delle due devo aprire?”

“Mah a ricordo mi sembri più una S, per non rischiare metti M, mi raccomando che non rimanga dentro a lei”

“Perché può succedere?”

“Certo caro e ti assicuro non è piacevole.”

“Come fai a saperlo, non è mai successo?” Esclama il marito.

“Non ero con te tesoro, ora continua a guardare il ciclocross…”

È il tempo che passa, l’evoluzione della specie. O l’involuzione, fate voi.

Arrivo in cima pensando a tutto questo, arrivo in cima sul comodo asfalto e mi fermo alla fine della piccola discesa che arriva sulla strada di Monte Capra.

Il Cucco, il muro di Riale il muro di casa, il muro che mi ha fatto crescere e che ogni tanto mi riporta ai tempi della bella vita.

 

foto di Enrico Pasini

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