ALTO RENO TERME – IL Santuario della Madonna del Ponte: storia, religione e pallacanestro

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All’ingresso di Porretta Terme provenendo da Ponte della Venturina, subito aldilà del Ponte della Madonna, in un suggestivo angolo si trova la chiesa della Madonna del Ponte, al cui interno c’è il Sacrario del Cestista, ricco di storia della pallacanestro.

Fu voluto da Achille Baratti, dirigente della Virtus, appena laureatasi Campione d’Italia per la sesta volta nel 1956 e nacque come Sacrario del Cestista Emiliano, per poi assumere col tempo carattere nazionale. L’inaugurazione si svolse il 29 luglio 1956 e la cerimonia fu incentrata su una staffetta di 60 tedofori che trasportarono la lampada votiva, con partenza dal Santuario di San Luca alle 5,30, fino alla chiesa della Madonna del Ponte. Gli ultimi tre furono Carlo Negroni, campionissimo e capitano della Virtus reduce dallo scudetto vinto (suo quinto personale); Rino di Cera del Gira, che qualche anno prima, nella stagione 1951/52 aveva disputato, in prestito alle V nere, il Torneo del Centenario a Bruxelles; Paolo Conti del Motomorini, che a partire dalla stagione 1959/60, sarebbe diventato per tre annate un punto di forza della Virtus.

Ecco la testimonianza di uno degli altri tedofori, Franco Gironi, che iniziò nella juniores del Gira, ma poi fu in Virtus dal 1957 al 1964 (dalle giovanili con allenatore Lamberti fino a toccare la prima squadra in amichevole con allenatore Kucharski), con pausa di un anno a La Spezia per motivi di servizio militare: “Portai la lampada per un chilometro e fu un’esperienza bellissima. Quando ci fu la celebrazione del quarantennale andai con mia moglie, c’era Serafini, ma nessuno della mia epoca, rimasi un po’ deluso”. La Virtus aveva già avuto legami con la cittadina termale dell’Appennino, vi si era recata infatti recata nel 1949, dopo aver vinto il titolo, per festeggiare lo scudetto. Vinsero nettamente i bianconeri, 20-58. Migliori in campo Paride Setti e Carlo Negroni. Tanta Virtus anche all’interno della chiesetta. Maglie e targhe dedicate a personaggi, non necessariamente tra i più noti.

Innanzitutto Luciano Trevisi, Franco Mariani e Antonio Rosini, caduti in guerra su opposte fazioni. Luciano Trevisi, nato a Bologna il 13 maggio 1922, giocava nelle giovanili bianconere ma anche nella formazione che affrontò nelle stagioni 1938/39 e 1939/40 il campionato G.I.L. (gioventù italiana littoria), uno dei tornei (l’altro era il G.U.F., gruppi universitari fascisti) che il fascismo aveva affiancato ai classici tornei per divulgare l’attività sportiva e farne uno strumento di propaganda; questi tornei erano disputati da squadre cittadine e quelle bolognesi erano in gran parte costituite da giocatori della Virtus. Trevisi era inserito nel G.I.L. Bologna, insieme ad altri virtussini, alcuni dei quali diverranno campioni d’Italia negli anni successivi, come Gianfranco Bersani, Cesare Negroni, Marino Calza, Gianfranco Faccioli; in quella squadra anche a Raffaello Zambonelli, giocatore prima della guerra, poi brillante dirigente. Nella seconda stagione il cammino della squadra bolognese è brillante, tanto da giungere alle finali di Abbazia, nella provincia di Pola, nell’attuale Croazia. Le altre finaliste sono Milano, Trieste e Napoli. Dopo aver perso contro i lombardi e i giuliani, il G.I.L. Bologna si riscatta battendo, il 5 maggio 1940, per 41-31 i campani, concludendo al terzo posto. In quest’incontro Trevisi realizza 4 punti e sono i suoi ultimi su un campo di basket, perché Luciano non potrà seguire le orme dei suoi compagni. Nell’estate successiva ha infatti inizio la campagna del Nordafrica, nella quale Trevisi è impegnato come sottotenente. Qui troverà la morte il primo agosto del 1943, 81 giorni dopo la resa delle forze italo tedesche e della fine della campagna del Nordafrica, o perlomeno questa è stata la data in cui è stato registrato il suo decesso. Prima di parlare di Franco Mariani, accenno al fratello più grande, Alberto, classe 1921, che disputò amichevoli con la prima squadra nel 1938/39; due stagioni dopo, a conflitto già iniziato, con la Virtus squadra B partecipa al Campionato di Divisione Nazionale B e fa anche un’apparizione nella squadra maggiore in Serie A (diventerà poi apprezzato arbitro internazionale). Lo ritroviamo nel 1944, esattamente il 31 marzo ad un allenamento della prima squadra in Santa Lucia; in quell’occasione c’è anche il giovane fratello Franco. Insieme a loro, oltre ai già citati Bersani e Cesare Negroni, ci sono altri bianconeri che conquisteranno allori tricolori e faranno la storia della Virtus pallacanestro, come Carlo Cherubini e, soprattutto, Giancarlo Marinelli e Venzo Vannini. C’era un ottavo giocatore, già compagno di squadra di Vittorio Gassman nel Parioli e nella nazionale, Fulvio Ragnini. Franco Mariani si stava affacciando quindi alla prima squadra, ma la sua storia cestistica finì sul nascere e la sua stessa vita terminò, troppo presto, poco tempo dopo a Monte San Pietro. Perirà con lui anche il cognato di Alberto, Antonio Rosini,  per tutti Tonino, che pure giocava nelle giovanili Virtus ed era compagno di Franco, non solo sui campi di gioco, ma anche nella lotta partigiana. Nel 1946, in memoria di Franco e Antonio, si disputò a Bologna la Coppa Mariani e Rosini, vinta dalla Virtus, davanti a Timo, Gira, Asip, Matteotti e Sempre Avanti.

Le squadre del GIL Bologna e del GUF Bologna, compagini volute dal fascismo per partecipare ai corrispondenti campionati al fine di incrementare l’attività sportiva come veicolo di propaganda, si potevano considerare alla stregua di squadre giovanili Virtus, in quanto formate prevalentemente da giocatori delle V nere. Per il GUF Bologna questo fu sancito ufficialmente a partire dal 28 settembre 1939, quando avvenne la fusione tra GUF Bologna e Virtus Bologna Sportiva. La squadra che ne risultò annoverava Venzo Vannini (Cap.), Giancarlo Marinelli, Gelsomino Girotti, Galeazzo Dondi Dall’Orologio, Athos Paganelli, Renato Bernardi, Lino Rosssetti, Verardo Stivani, tutti giocatori della prima squadra Virtus, e Giancarlo Gubellini, che con la prima squadra disputerà gare amichevoli; a questi vanno ad aggiungersi Sassoli, Marchi, Beseghi e Paolo Ferratini. Da quel giorno Ferratini divenne a tutti gli effetti un giocatore delle V nere. Paolo era nato a Bologna il 19 febbraio 1917 e dopo aver conseguito la maturità classica presso il Liceo Ginnasio Luigi Galvani, si laureò presso l’ateneo bolognese in Ingegneria Civile, Sottosezione Trasporti il 18 giugno 1940. Superato l’esame di stato a Genova e nonostante i consigli del padre, legale del Credito Romagnolo, che lo invitava alla prudenza, Paolo, che si era iscritto a Ingegneria Mineraria, scelse di rinunciare al rinvio e partì volontario, La Scuola Centrale Militare di Alpinismo fu la prima tappa. Assegnato, come molti altri ingegneri, all’artiglieria alpina, Paolo Ferratini fu inviato alla Scuola Allievi Ufficiali di Complemento di Lucca. Nominato Sottotenente venne destinato alla 32ª batteria del Gruppo “Bergamo”, 2° Reggimento Artiglieria Alpina, comandata dal Capitano Bruno Gallarotti che lo ricorderà come uno degli artiglieri a lui più cari. Raggiunse così Druento, in provincia di Torino, dove il suo reparto stava esercitandosi e dove conobbe un altro giovanissimo Sottotenente, il ventunenne Lorenzo Valditara, che così scrisse una volta divenuto Generale: “Con Ferratini fummo assieme per tutto il periodo della marcia al Don e delle operazioni difensive sul fiume nonché nei combattimenti della ritirata fino a Nikolajewka, condividendo spesso la stessa tenda e, all’addiaccio, la stessa coperta.  A Nikolajewka Ferratini fu gravemente ferito durante l’assalto finale dell’abitato; trasportato dai suoi artiglieri in un’isba fu curato, per quanto possibile, dal Ten. medico Alliani ma morì durante la notte. Lo seppellii, con l’aiuto di alcuni soldati, alla base del campanile della chiesa, che allora mi apparve come la maggiore del paese. Al mio rientro in Italia, nell’aprile del ’43, andai a far visita alla madre, che trovai molto provata, com’era da aspettarsi”. In precedenza, secondo quanto riferito dalla sorella di Paolo, Sofia Ferratini Vancini, il Comandante della 32ª batteria (l’allora Capitano Gallarotti) aveva comunicato personalmente alla famiglia il luttuoso evento. A conclusione della sua lettera il Gen. Valditara, ricorda i sentimenti che ha provato e che tuttora prova verso “quel bravo ufficiale” che lo onorò della sua amicizia. Altre fonti parlano del Sottotenente Ferratini “un ingegnere bolognese che al momento della verità non si è scostato per un minuto dal proprio cannone” (che, in realtà, era l’obice da 75/13). I documenti ufficiali riportano: “Caduto in combattimento in Russia, a Nikolajewka, dilaniato da scheggia di mortaio”. Già laureato in Ingegneria Civile, Paolo Ferratini nel novembre del 1941 era giunto al terzo anno di Ingegneria Mineraria e gliene fu attribuita la Laurea Honoris Causa.

Vasco Vignoli fece parte della prima squadra della Virtus solo nella stagione 1944/45, quella che precedette la ripresa della regolare attività, dopo la seconda guerra mondiale. In quest’annata e in particolare nel 1945 vengono disputate solo amichevoli contro la squadra militare americana e il campionato provinciale in cui la Virtus piazza le sue tre formazioni al primo, secondo e quarto posto. Nel 1941/42 e 1942/43 Vignoli giocò della seconda squadra, ovvero la Virtus Bologna Sportiva II. Nel luglio del 1946 Vasco, prossimo alla laurea in economia aziendale, a soli 23 anni annegò nella chiusa del Reno a Casalecchio.

Luciano Martini, cresciuto nelle giovanili Virtus, fin dalla Leva Primi Cesti del 1942/43, approda in prima squadra nella stagione successiva, che però è quella della sospensione del campionato di serie A a causa della guerra. L’attività in casa Virtus è ridotta al minimo, ma comunque viene disputato a febbraio in Santa Lucia un torneo volante, nel quale le V nere presentano due squadre, la A e la B, e a cui partecipa anche la polisportiva Cisponi. Sempre in Santa Lucia il 5 aprile Virtus A e Virtus B si affrontano in amichevole, vinta per 38-31 dalla squadra A che schiera anche Luciano. L’incontro è particolarmente significativo perché si tratta dell’ultima partita disputata nella gloriosa palestra della chiesa sconsacrata. L’11 giugno a Vignola la Virtus batte per 82-20 una rappresentativa modenese; nell’occasione Martini mette a segno due punti. Luciano Martini passerà poi a giocare nell’OARE, ma troverà la morte improvvisamente a soli 25 anni il 31 gennaio 1952 per un attacco di peritonite. Il 7 febbraio 1952 viene disputata in sua memoria una partita tra una rappresentativa bolognese, con Bersani, Battilani e Dino Zucchi, e una pesarese, vinta dalla prima per 51-32.

Mauro Serrazanetti, classe 1924, deceduto nel 1978, disputò, nella stagione 1949/50 la prima Coppa Città di Bologna, nella quale la Virtus giunge seconda, ma disputa anche tre gare di campionato senza segnare punti. Lasciata la pallacanestro giocata divenne arbitro di serie A, sempre pronto, però, a rispondere presente al richiamo della Virtus per le gare di Vecchie Glorie.

da “Stadio”

Carlo Lovari morì a soli 26 anni. Con la Virtus aveva disputato il torneo Paul Lentin a Liegi nella stagione 1956/57, in prestito dallo Sporting Vela Viareggio, poi era entrato a far parte delle V Nere nella stagione successiva. Già prima della fine del girone d’andata, però, si manifesta un male inesorabile: dapprima gli viene amputata una gamba, ma Carlo ritorna comunque sulla panchina Virtus per sostenere i compagni, ma poi il 24 luglio 1959 muore. Nel libro “Il Mito della V Nera”, che celebra i 100 anni della Virtus si legge: “A Porretta Terme nel Santuario della Madonnina del Ponte, in una cappella adibita a Sacrario del Cestista Emiliano, anche il suo nome viene ricordato assieme agli altri virtussini scomparsi”. In realtà io non ho trovato il suo nome, ma probabilmente è inciso su una lastra che non è più leggibile.

Natale Tancredi non è difficilmente riconoscibile con il suo nome, infatti Natale era da sempre il mitico “Giarella” e lo era già molto tempo prima della nascita della Virtus Pallacanestro. Aveva gareggiato per la Virtus, sezione Atletica, agli inizi del 900, poi diventò il massaggiatore di tutti gli atleti Virtus e fu così che, con la nascita della palla al cesto, i cestisti delle V nere si ritrovarono affiancati da questa figura che era poi, con la sua esperienza, quasi un anticipatore della figura del preparatore atletico. Pochissime le testimonianze che riportano il suo vero nome “in aggiunta” al soprannome: una foto che lo ritrae atleta e una lastra che riporta anche il suo nome proprio nella chiesa di Porretta.

Da “Stadio”

Nel giugno 1924 il capitano Francesco Vittorio Costa portò a Firenze un gruppo di atleti universitari a gareggiare nei rispettivi Giochi. La squadra che partecipò al torneo di Palla al Cesto, vincendolo, era formata completamente da atleti virtussini. Il capitano Vittorio Costa come atleta della Virtus era già stato in gioventù campione d’Italia di staffetta e aveva vinto un torneo di scherma. Tre anni dopo la vittoria della Virtus a Firenze, il 23 giugno 1927, quando era diventato maggiore, alla Coppa Bologna, scoprì il talento di una undicenne, di nome Trebisonda Valla, per tutti sarà sempre Ondina, che divenne così un’atleta virtussina, la più grande, prima donna italiana a vincere una medaglia d’oro alle olimpiadi, nella finale degli 80 ostacoli a Berlino, dopo aver stabilito il record del mondo in semifinale.

C’è la maglia NBA di Belinelli, c’è una targa che ricorda il giornalista sportivo Gianni Falchi, anche se legato più all’atletica e a un altro sport come il basket che va per la maggiore negli Stati Uniti, il baseball.

Qualche anno fa Renato Albonico, Pietro Generali, Loris Benelli, Augusto Binelli, Giorgio Moro e altri fecero una rievocazione della staffetta. Nell’aprile del 2022 La Madonna del Ponte di Porretta Terme è diventata ufficialmente la patrona della pallacanestro italiana. E’ arrivato infatti l’ultimo “timbro”, ovvero il riconoscimento Vaticano. Gli ex azzurri Pierluigi Marzorati e Charly Caglieris, ora dirigenti della LIBA, hanno confermato che a fine luglio ci sarà la visita a Bologna del prof. Hollander, che citò la Madonna del Ponte sul New York Times. Hollander verrà con alcuni studenti dell’Università di Los Angeles che giocano nella D-League, i quali parteciperanno ai Play Ground dei Giardini Margherita e in quell’occasione potrebbero fare una visita alla Madonna del Ponte.

 

Ezio Liporesi da “Cronache bolognesi” diretto da Lamberto Bertozzi

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