Di Gianni Amelio colpisce immediatamente quella luce negli occhi.

Una luce che cattura e viene trasmessa a chiunque ami il cinema, coinvolgendolo a propria volta.

Una luce che appartiene a chi ama incondizionatamente quello che fa e si lancia con entusiasmo in ogni progetto, come fosse il primo… come fosse il più bello.

Una luce brillante che decora lo sguardo emozionato e grato del regista calabrese, autore di pellicole di grande impatto e importanza, come “Il ladro di bambini” o “Lamerica”, fino all’ultimo “Hammamet”, interpretato da un immenso Pierfrancesco Favino.

 

 

Gianni Amelio, ospite d’onore alla ventesima edizione del Festival del Cinema di Porretta Terme e protagonista di una interessante retrospettiva, ha ritirato il premio alla carriera, alla presenza del folto pubblico presente al cinema Kursaal; un incontro con il pubblico inconsueto ed estremamente gradevole, nel quale Amelio ha preferito un dialogo partecipe con le persone, inizialmente imbarazzate, ma colpite positivamente dalla grande affabilità del cineasta e dal suo modo, sicuramente innovativo, di condurre la conversazione, cogliendo opinioni, osservazioni e curiosità da tutti gli interventi proposti, incuriosendosi a propria volta e stimolando riflessioni sul suo cinema e sul cinema in generale, definendosi spettatore dei film da lui realizzati, oltre che di tutti quelli da lui visti e rivisti.

Un punto di vista sicuramente importante, che esprime tutto l’amore di Gianni Amelio per il cinema e la conditio sine qua non di immedesimarsi nello spettatore al fine di narrare una storia nella maniera più giusta e che maggiormente possa condurre ad una immedesimazione spontanea da parte di chi fruisce dell’esperienza su grande schermo.

 

 

Per Gianni Amelio, esistono film “riusciti” e film “importanti”, distinguendo in questo senso ciò che ha più valenza commerciale e di notorietà e critica anche a livello mondiale, dalle pellicole che invece maggiormente rappresentano l’essenza dell’autore che le crea e che, pur avendo magari una minore visibilità nel tempo, rappresentano ugualmente un punto fondamentale per il percorso artistico di un regista: film importanti, appunto… anche se Amelio non teme affatto di confessare l’uguale amore per ogni sua opera e l’amore ancora più grande quando l’opera stessa viene donata al pubblico, che può accrescerla a modo proprio, sia con elogi che con critiche costruttive.

Nel cinema di Gianni Amelio non è mai mancata la verità, così come la rappresentazione di una realtà ancora estremamente attuale, in grado di toccare con abilità anche le sfumature più nascoste di essa.

Una verità che forse, anche il cinema italiano di oggi tende a edulcorare, se non ad ignorare, concentrandosi su storie più leggere e anche più futili, magari ambientate in ospedali con il solo scopo di inserire una facciata di impegno sociale che non convince assolutamente chi il cinema lo vive davvero.

Una verità, a volte scomoda, che pesa ogni giorno della vita frenetica che fronteggiamo continuamente, trasformata in patetica illusione dal piccolo e grande schermo sin troppo spesso, facendo concentrare lo spettatore su commedie eccessivamente leggere o drammi fittizi, vissuti da personaggi sempre belli ed in perfetta forma, che vivono in dimore lussuose, nelle quali pare che i problemi, se mai esistono, siano sempre di facile risoluzione.

Un cinema moderno che getta fumo negli occhi e soltanto apparentemente consola lo spettatore, alleviandone le preoccupazioni in minima parte e non dando adito a riflessioni o discussioni che invece ogni prodotto della Settima Arte dovrebbe proporre.

Un cinema intriso di umanità, come quello di Gianni Amelio appunto… o più che umanità si può parlare di Umanesimo, come detto dallo stesso regista; il potere di allontanarsi dalla cronaca per abbracciare una sorta di riflessione non necessariamente critica, ma più di stampo sentimentale:

Credo che ogni mio film sia rimasto legato in un forte ambito umanistico, senza però mai essere truccato.

Una considerazione importante, espressa con invidiabile tono pacato ed una saggezza artistica che piace ascoltare, accompagnata dalla fine ironia di un uomo che visibilmente non ha perso un grammo dell’energia che lo ha contraddistinto agli esordi e che sarà sicuramente la medesima nella pellicola di prossima uscita, dal titolo “Il signore delle formiche”, ispirato alla persecuzione giudiziaria ed al linciaggio morale ai danni dello scrittore e drammaturgo Aldo Braibanti.

 

 

Un Gianni Amelio di grande professionalità, ma anche di estrema umiltà, che ben ha meritato non solo il premio del Porretta Festival, ma tutti i riconoscimenti ricevuti nella prestigiosa carriera che lo ha visto protagonista, dimostrandosi un attento spettatore vicino al proprio pubblico e un coraggioso combattente per la verità del nostro paese e del mondo; un combattente che ha, come arma più potente, quella di emozionare e far crescere interiormente, apprendendo lui stesso in primis di come il cinema sia uno dei mezzi più potenti per cambiare punto di vista o quantomeno allargare i propri orizzonti personali senza mai dimenticare la propria identità, le proprie origini e le proprie tradizioni.

 

Foto di Fabrizio Carollo

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