Ultimamente girare anche a piedi per il centro di Bologna significa fare, spesso, un percorso di guerra. Tra dehors posti in ogni dove che ti obbligano a svicolare in mezzo alla strada o zigzagare tra tavoli e seggiole; cantieri di lavori pubblici la cui prerogativa principale è togliere decine di posti auto ed eseguire opere di dubbia urgenza con tempi biblici, vista la frequente assenza di operai. Vi sono poi i ponteggi di lavori di privati che ti consigliano di andare dalla parte opposta della via ove, spesso non vi è neppure un marciapiede degno di questo nome, non per le dimensioni, ma per il suo disastrato fondo.
In questo contesto, penso, sia difficile battere le condizioni dei sampietrini che fungono da pavimento di un tratto di marciapiede, l’unico, di Via del Fossato dopo l’innesto con via Nosadella direzione Saragozza. Le mamme con passeggino sono obbligate ad andare in mezzo alla strada, trafficata parecchio. Non parliamo di anziani o portatori di handicap. Consigliati scarponi da montagna ed una certa esperienza alpinistica. D’altronde, è in corso una massiccia e martellante campagna contro l’auto e, di riflesso, contro i suoi proprietari, rei di inquinare una città emblema ecologico. Su questa ecologia avrei qualche dubbio visti i rifiuti sparsi ovunque e l’inefficienza cassonettistica. In pratica, viene da pensare, sia in attività un’ artata politica di eliminazione dei posti auto avente il fine, da un lato di fare cassa con le contravvenzioni per divieto di sosta, cosa scontata, e dall’altra a convincere i bolognesi proprietari d’auto ad andare ad abitare altrove. Tutto, ovviamente, in nome dell’ecologia.
Tutto questo mi riporta in mente, mutatis mutandis, le campagne della sinistra negli anni 1946-55, contro l’automobile definita, allora, “Emblema del capitalismo, simbolo del potere del danaro sulle masse proletarie”. Queste definizioni rispecchiavano alcuni aspetti della società del tempo. L’auto era diffusa specialmente negli USA, simbolo del capitalismo, ed in Italia, chi possedeva un’auto, ve ne erano pochissime, era una persona con il portafogli a fisarmonica. Dopo vi fu la motorizzazione di massa e le campagne anti automobile cessarono di aver luogo. Ho il vago sospetto che questa crociata fatta sotto il nome dell’ ECOLOGIA, sia un ricorso storico del CAPITALISMO NEMICO DELLE MASSE PROLETARIE. Rendere la vita impossibile ai bolognesi proprietari d’auto, non solo è, a mio avviso, una dimostrazione di incapacità amministrativa, potendosi benissimo costruire apposite aree di parcheggio fuori da strade e piazze, ma anche di dispregio della libertà individuale di scegliere i tempi, i modi ed i mezzi per muoversi. Questa esaltazione della BICI SELVAGGIA esonerata dal rispetto del Codice della Strada e dall’equivoco giro di materiale rubato, finisce per offendere le persone, come me, che hanno un impegno CIVILE, nei confronti della propria famiglia.
Sono esplicito, mia moglie ed io siamo i nonni di due nipoti che abitano, con madre e padre, sopra Pianoro Vecchio. I genitori lavorano sino a tardi, sabato compreso. Chi può andare a prendere l’uno all’asilo, tre anni, e l’altro a scuola, sei anni a Pianoro se non i nonni con l’auto ? Ed accompagnarli con i loro monopattini e biciclette ai parchi portando seco merende per ambedue se non i nonni in auto ? E, talvolta, portarli in montagna con tutto il necessaire per una frequentazione di tale ambiente se non i nonni in auto ? Penalizzare e discriminare, a quella maniera cui si è dato stura, le persone proprietarie d’auto significa solo cercare di mettere una penosa ed immorale foglia di fico sulle pesanti manchevolezze amministrative pluri decennali nell’ambito del problema parcheggi. L’auto, il 99% dei cittadini, non l’ha comperata per sperperare soldi, ma per una impellente necessità di vita. Cosa che non si è capita o non si è voluta capire grazie ad un fondamentalismo ideologico mascherato da ecologia.
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